15 ottobre 1564 - 15 ottobre 2004
"Notta delli matrimonij celebrati nella cura di Montevecchia pieve di Massalia. Fatte le tre denontiationi nei tre giorni di festa infrascritti: cioè adì 27 7bre (settembre) adì p° (primo) 8bre (ottobre) 1564, ne havendosi inteso essere alcuno legittimo impedimento tra Pietro figliolo de Ambrosio Schachabarozzo in Lomaniga, et Angiola figliuola de Pietro da Canzirago in Montevecchia è stato celebrato il matrimonio fra essi p(er) parole di presente nella presentia di me Prete Gio(vanni) Ant°(Antonio) Ponzono, Et a mia interrogatione presenti infrascritti testimonij Pietro da Brivio, Antonio da Brivio, et maestro Bartolomeo da Lugano adi 15 8bre (ottobre) 1564" 1) Il primo registro d'archivio Primo registro d'archivio. Prima registrazione. Notiamo i 3 giorni delle pubblicazioni e l'assenza di impedimenti. (Oggi le pubblicazioni matrimoniali devono essere esposte per 2 giorni festivi all'albo parrocchiale). Notiamo i connotati dei due fidanzati: Angiola Casiraghi (da Canzirago) di Montevecchia e Pietro Scaccabarozzi (Schachabarozzo) di Lomaniga. Notiamo i 3 testimoni: Pietro Brivio (da Brivio), Antonio Brivio (da Brivio) e Bartolomeo da Lugano. Infine il sacerdote celebrante. Giovanni Antonio Ponzone (prete Gio: Ant° Ponzone). Il quale precisa per iscritto che fu proprio lui a celebrare il primo Matrimonio nella parrocchia di Montevecchia; "E stato celebrato il matrimonio fra essi p(per) parole di presente (di me sottoscritto) nella presentia (nella persona) di me prete Gio: Ant° Ponzono". Don Giovanni Antonio Ponzone fu quindi il primo parroco di Montevecchia (1564-1592). Nel nostro archivio peraltro c'è una pergamena quattrocentesca in cui si legge che ci fu un altro sacerdote prima di don Ponzone: un certo "presbitero Giacomino de Regibus de Ello, che, nel 1490 compilò un inventario di beni". Ma di questo Giacomino de Regibus è detto che fu "rettore della chiesa di S. Giovanni Decollato". Se fu rettore - "rector"- vuol dire che non fu parroco, ma solo un incaricato, cioè un cappellano. Infatti lo storico Goffredo da Bussero (1222-1289?), nel "Liber Sanctorum", che elenca tutte le chiese della Diocesi di Milano della fine sec. XIII, dice che nella Pieve di Missaglia esisteva una chiesetta dedicata a "S. Giovanni Battista in Montaegia". Questa chiesetta sorgeva al posto dell'attuale tempio sul colle ed era una capellania che dipendeva dalla pieve di Missaglia. Con il 15 ottobre 1564 la chiesa di Montevecchia, dedicata a S. Giovanni Battista Decollato, fu riconosciuta come chiesa parrocchiale autonoma, dentro la pieve di Missaglia. Quale fu la chiesa diventata parrocchia? L'attuale tempio (ora Santuario), o la chiesa "S. Giovanni Battista in Montaegia" del sec. XIII? Non lo sappiamo. Ma sappiamo che il 15 ottobre 1564 nella chiesa di Montevecchia fu celebrato il primo Matrimonio e quindi essa fu riconosciuta come parrocchia. 2) L'attuale tempioTra il sec. XVI e il XVII, sulle rovine della chiesetta precedente, crollata o danneggiata da un incendio, fu costruito l'attuale tempio, sempre come chiesa parrocchiale, dedicata a "S. Giovanni Battista Decollato". Compatrona già fin dall'inizio fu la Beata Vergine del Monte Carmelo, come appare dall'apposita cappellina che si trova accanto all'altare maggiore, sulla sinistra entrando (ora cappella di S. Bernardo). Infatti sulle due pareti laterali di questa cappella sono raffigurati l'ascensione di Elia sul carro di fuoco mentre getta il mantello a Eliseo e la Beata Vergine Maria che consegna lo scapolare a S. Simone Stok: due simboli che hanno un chiaro riferimento alla B.V. del Monte Carmelo. In questa cappella la statua mariana rimase fino agli anni 1928-30, come compatrona. Quando l'attuale tempio divenne "Santuario della B.V. del Carmelo", la suddetta effigie fu collocata sopra l'altare maggiore, come "Patrona" del Santuario; e nella cappella "mariana" è stata posta (1991) la statua di S. Bernardo di Chiaravalle, grande devoto e teologo della Madonna. Il passaggio del titolo "Chiesa S. Giovanni Battista Decollato" - "Santuario B.V. del Monte Carmelo" fu ratificato ufficialmente dal card. Schuster il 7 novembre 1945 quando consacrò l'attuale tempio (che non era mai stato consacrato), con la dedica: "Templum et altare princeps Deo et in hon. ß.V. Carmeli" (il tempio e l'altare maggiore (dedicato) a Dio e in onore della B.V del Carmelo). Le vicende storiche dell'antica chiesa parrocchiale sono brevemente descritte nel volume "Il Santuario della B.V del Carmelo a Montevecchia" - Nodo libri, 1995. Si sa che campanile, chiesa e casa canonica furono realizzati in tempi diversi. Sull'intonaco dell'attuale cantina sotto il pavimento centrale del Santuario si legge distintamente la data 1636, che farebbe pensare al termine di alcuni lavori di ristrutturazione. Sull'architrave esterno dell'ingresso all'attuale casa incontri, ex casa canonica, è inciso l'anno 1717. Sembra certo comunque che l'attuale torre campanaria debba aver preceduto tutto il presente complesso, come appare dalle finestrelle che si aprivano su tutti i lati. E, forse, questa torre campanaria era un'antica torre-vedetta medioevale, analoga a quella del Baradello di Como. Servivano da collegamento con segnaletiche luminose (accensione di falò). Da questa torre-vedetta può essere scaturita la probabile etimologia originale dei nome "Monte-vecchia", da "Mons vigiliae", Monte della vedetta. Del cimitero attorno alla chiesa parrocchiale ne parlano gli atti della seconda Visita Pastorale di S. Carlo (1583): "Intorno alla base c'è il cimitero"; ne è conferma una nota di archivio risalente al 1620, che parla di "muro che circonda il cimitero della chiesa, sopra il Ronco, detto Ricetto"; nonché una pietra sepolcrale sull'ultimo pianerottolo dell'attuale gradinata, dalla scritta: "(16)63-8 marzo-giace". 3) Le cappelleDi notevole interesse storico le sei cappelle dell'antica chiesa parrocchiale: * Quella di S. Francesco : è la prima entrando a sinistra.Ex battistero. Il fonte battesimale seicentesco si trova ora nell'attuale chiesa parrocchiale. Il gruppo ligneo scultoreo "estasi del Serafico" (che riceve le stimmate, sostenuto da un angelo) proviene probabilmente dalla chiesetta S.Francesco che esisteva nell'attuale "Palazzetto", oppure dal convento di Sabbioncello. * La cappella S. Antonio : la seconda entrano a sinistra. Completata nel 1697, probabilmente a ricordo di un defunto sepolto. Cartigli incisi sulle due colonnine che fiancheggiano il cancelletto della balaustra: stemma patrizio con aquila ad ali spiegate e le due iniziali "G.B." (Giacomo Brivio) nonno materno di Gaetana Agnesi, MDCXCVII.Gli affreschi settecenteschi riproducono episodi della vita di S. Antonio. La biografa di M. Gaetana Agnesi, A. Anzoletti, nel 1900 scriveva: "Nella chiesa di lassù c'è una cappella dedicata a S. Antonio, che serba tuttora, per tradizione, il nome di Cappella Agnesi; ivi una lapide, con iscrizione illeggibile. Qualcuno pensa che tale lapide ricordi il nome della pia signora, solita di pregare in quel luogo". Statua di S. Antonio con il Bambino Gesù, in legno d'epoca. Palliotto in seta ricamato. * Cappella S. Carlo della Confraternita: la terza a sinistra.E' un vero "Oratorio" di m. 7x5, comunicante con la chiesa, la sacrestia e l'esterno. Una cassapanca in noce massiccio, stile frattino, circonda la parete. Recente il grande tavolo centrale. Nella piccola abside, il baldacchino portatile, con quattro colonnine floreali in legno dorato collegate a cupola, che serve a portare la venerata statua in processione. Sulla parete della piccola abside una tela d'epoca raffigurante S. Carlo Borromeo. Sulla parete destra, guardando, una lapide in marmo scuro con dedica al parroco Giuseppe Antonio Villa (1791-1809). Un'altra piccola lapide sul pavimento, sotto il gradino dell'abside: "Qui riposano le ceneri dei parroco G. Antonio Villa". Una terza lapide, di recente collocazione, sulla parete destra della cappella, elenca tutti i parroci dal 1564 ad oggi. * Cappella S. Bernardo : l'ultima a sinistra entrando. Originariamente dedicata alla B.V. del Monte Carmelo e poi chiamata (nel 1991) "cappella S. Bernardo" (come già detto sopra).* Cappella S. Giovanni : è l'unica a destra entrando, accanto all'altare maggiore. Dedicata al patrono originario dell'attuale Santuario e della precedente chiesetta duecentesca: "S. Giovanni Battista Decollato (martire)".Sulle pareti laterali i due affreschi: S. Giovanni che battezza Gesù e S. Giovanni che addita l' "Agnello di Dio" alle folle. Soprattutto questa cappella è qualificata dalla celebre pala di Bernardino Campi, "Decapitazione del Battista", qui riprodotta in copia a colori. L'originale nel museo diocesano. * Cappellina dei morti : all'angolo sinistro del sagrato, con apertura all'esterno. Probabilmente vi sono sepolti i parroci. L'affresco sulla parete rappresenta la Vergine del Carmelo che libera le anime dalle fiamme del Purgatorio.4) I parroci Dal 1564 ad oggi i parroci sono stati 18: Giovanni Antonio Ponzone 1564-1592 = 28 anni Pietro Maria Brambilla 1592-1624 = 32 anni Giovanni Pietro Mauro 1628-1670 = 42 anni Francesco Porta 1670-1675 = 5 anni Giovanni Domenico Biffi 1676-1728 = 52 anni Giovanni B. Radaello 1728-1738 = 10 anni Gian Pietro Magnocavallo 1738-1766 = 28 anni Pietro Antonio Gallina 1766-1791 = 25 anni Giuseppe Antonio Villa 1791-1809 = 18 anni Giovanni Galeazzo Visconti 1809-1814 = 5 anni Filippo Sala 1814-1826 = 12 anni Francesco Masnago 1826-1847 = 21 anni Paolo Galbiati 1848-1858 = 10 anni Massimiliano Villa 1858-1892 = 34 anni Giuseppe Arrigoni 1893-1910 = 17 anni Angelo Morandi 1910-1926 = 16 anni Lorenzo Colombo 1926-1965 = 39 anni Luigi Casiraghi 1965- Notiamo la durata del ministero pastorale dei suddetti: si passa da un massimo di 52 anni (G.D.Biffi: 1676-1728), a un minimo di 5 anni (F. Porta: 1670- 1675); (G.G. Visconti: 1809-1814). * In riferimento alle varie chiesette di Montevecchia si può notare che G.A. Ponzone (1564-1592) non solo fu il fondatore della parrocchia, ma anche il responsabile dell'Oratorio "S. Rocco" del Belsedere, visitato nel 1571 da S. Carlo, che lasciò scritto: "All'oratorio S.to Rocho si tenghi serrato dinanci che no si possi entrare animali". * Pietro Maria Brambilla (1592-1624) fu invece il parroco contemporaneo alla consacrazione dell'Oratorio di S.Bernardo (arcivescovo Gaspare Visconti, 20 agosto 1593). * Giovanni Pietro Mauro (1628-1670) fu addirittura il fondatore dell'Oratorio "S. Mauro" (il nome del fondatore) del Passone, edificato per volontà della famiglia Piantanida che ne divenne proprietaria. * Gian Pietro Magnocavallo (1738-1766): dal suo testamento e dagli atti di Visita Pastorale del card. Pozzobonelli risulta che il Magnocavallo ha operato per un vero rinnovamento della parrocchia e, in collaborazione con Giacomo Brivio (nonno materno della matematica Gaetana Agnesi), nel 1757 ha restaurato la chiesa (l'attuale Santuario), portandola alla sua forma attuale. Con Giacomo Brivio ha portato a compimento anche la cappella S. Antonio. Più o meno della stessa epoca del parroco Magnocavallo e di Giacomo Brivio è lo stemma della famiglia Brivio. scolpito sul fianco sinistro della facciata. * Il parroco Giuseppe Antonio Villa (1791-1809), come già detto, è ricordato nella cappella s. Carlo con due lapidi. Una che notifica la sua sepoltura sotto il pavimento, l'altra che evidenzia i suoi meriti: sicura dottrina, realizzazione della Via Crucis esterna (le 16 edicole con figure in pietra arenaria, attualmente in restauro), passione per il "decoro del tempio": "Josepho Antonio Villae - Parroco Montis Veteris - Sanctimonia Exemplo Doctrina - ab Omni Laude Feliciori - Cui Crucis Via - Cui templi Decus - Accepta Sunt referenda - Memor Populus posuere - Obijt Die XXV jannay - an MDCCCIX". * Dei parroci Giuseppe Arrigoni, Angelo Morandi e Lorenzo Colombo sono note le varie attività pastorali e amministrative, soprattutto per la costruzione della nuova chiesa, voluta dal card. Ferrari. 5) La casa parrocchiale Contrariamente a quanto scritto nel libro "Il Santuario... " Nodo libro p. 26, la primitiva casa parrocchiale non era ai piedi della gradinata, ma presso l'agglomerato del vecchio Montanè, proprietà del Beneficio. Così risulta dalla mappa del 1571, compilata in occasione della prima Visita Pastorale di S. Carlo Borromeo. La traettoria segnata sulla mappa per raggiungere la chiesa (ora Santuario) sale perpendicolare passando sull'area dell'attuale Boso e proseguendo diritta verso la gradinata. Quindi il ripido viottolo seguiva questa traiettoria. Oppure si raggiungeva la gradinata salendo sull'attuale via Belvedere e viottolo S. Anna. Della seconda Visita Pastorale di S. Carlo nel 1583 è scritto: "la casa parrocchiale dista dalla chiesa circa 200 metri" (?). 6) I parrocchiani * Nel 1789 Montevecchia comprendeva "35 cassine e 551 anime": è quello che ha scritto il prevosto di Missaglia Baldasarre Fermi, incaricato dal card. G. Pozzobonelli di stendere una relazione sulla parrocchia di Montevecchia. * Nel 1795: famiglie: n. 82; anime: 578; di comunione (praticanti): 413; maritati 109. * Nel 1800: famiglie: n. 78; anime: 576; di comunione: 383. Preti 2; chierici 2; ammogliati 93; maritate 93; liberi (celibi) 109; libere (nubili) 88; fanciulli 99; fanciulle 90. Totale 576.
LE VISITE PASTORALI 1) La Visita di padre Leonetto Clivone S. Carlo Borromeo (vescovo di Milano dal 1° settembre 1565), il 15 ottobre 1567 delegò padre Leonetto Clivone per la Visita Pastorale alla chiesa parrocchiale di S. Giovanni Decollato di Montevecchia. La relazione di questa visita costituisce la prima descrizione dettagliata della chiesa: "Essa è - dice - decorosamente bella, lunga 20 braccia (12 metri) e larga 11 (6 metri e mezzo), con copertura di tavole e di due archi". Parla delle reliquie che erano conservate nella chiesa e si dilunga a descrivere le formiche alate che invadevano la chiesa nella stagione estiva. Conclude che "Nella chiesa c'è un solo altare dedicato a S. Giovanni Battista, e detto altare è privo della sua icona che circa 14 anni fa era ancora lì, meravigliosa immagine (la pala di Bernardino Campi?) che, per incuria del sacerdote o di altri, fu incendiata insieme ad altri paramenti. La casa della chiesa dista non molto dalla chiesa stessa ed è collocata sulla discesa del monte" (A.C.A.M. Archivio Curia Arcivescovile Milano - vol. XVI - Visite Pastorali - Pieve Missaglia). 2) La prima Visita di S. Carlo Borromeo Il 18 agosto 1571 S. Carlo fece la sua prima visita Pastorale alla parrocchia di Montevecchia (fondata il 15 ottobre 1564). Gli atti di questa Visita sono corredati dal disegno a penna su carta a mano, inchiostro seppia, inserito nelle "Scripture antiquae ecclesiae parochialis sancti Ioannis Baptistae decollati leci Montis Veteris plebis Missaliae". E' la mappa che abbiamo già pubblicato sul nostro bollettino (settembre 2000) e sul volume del Santuario (Nodo libri 1995). La parrocchiale di S. Giovanni Battista Decollato, enfatizzata nelle proporzioni, presenta una curiosa apertura sul lato sinistro, a metà altezza di quella che sembrerebbe essere la facciata, mentre sul lato opposto è tratteggiato un campanile cuspidato con una croce. Di questa sua Visita personale S. Carlo lasciò scritto: "La chiesa parrocchiale S. Gio. Decollato della Pieve di Missaglia, in loco Montis Veteris, è abbastanza ampia e bella... Ha due finestre, due porte; a metà chiesa c'è una porticina che immette nel campanile, bello, con una sola campana" (A.C.A.M. vol. 16). Come già accennato sul bollettino scorso, S. Carlo visitò anche i due Oratori di S. Rocco e S. Maria Elisabetta, al Belsedere. Per l'oratorio di S. Rocco ordinò che "si tenghi serrato dinanci che no si possi entrare animali"; in seguito, per ambedue rinnovò la proibizione di adibirli al culto se prima "non si riducono a honesta forma, a giudizio del vicario foraneo". Fece quindi togliere gli altari e proibì che si celebrassero le Messe. 3) La seconda Visita di S. Carlo Avvenne 12 anni dopo, nel 1583. Nella sua relazione si legge: "Non appare che sia consacrata (De consecratione non apparet). Il SS. Sacramento è ininterrottamente conservato in una grande pisside posta in un tabernacolo di legno dorato, tappezzato all'interno di seta color rosso e rivestito con un conopeo di seta del medesimo colore. La lampada rimane accesa a spese della "Schola". C'è anche un'altra pisside piccola per portare la S. Eucaristia agli ammalati; il tabernacolo per le processioni è a norma, come a norma è la sua custodia. C'è una lucerna. Nessuna reliquia, Il Battistero sta dietro all'altare nella cappella a settentrione e risponde alle prescrizioni. Ci sono i sacri vasetti dell'olio, inclusi nelle custodie. L'altare maggiore è collocato - secondo le norme - nella cappella (il presbiterio) ben decorata... C'è una icona con l'immagine di S. Giovanni Decollato... Il Crocifisso è appeso sotto l'arco della cappella-presbiterio... C'è un'altra cappella con un altare regolare, sede della Schola Corporis Xsti (confraternita dei SS. Sacramento)... La chiesa è abbastanza ampia e decorosa. La porta maggiore sulla facciata. Due porte laterali, l'una a mezzogiorno, l'altra a nord. Nessun sepolcro. Nessun pulpito. Intorno alla base c'è il cimitero. A sud il campanile con due campane. A nord la sacrestia, con la porta a lato della cappella (presbiterio)... La casa parrocchiale dista dalla chiesa circa 200 passi" (A.C.A.M. vol. 16, Pieve di Missaglia, Visita di S. Carlo del 1583). Dai documenti di queste tre Visite Pastorali si possono desumere alcune conclusioni: La chiesa parrocchiale di Montevecchia, che S. Carlo ha fatto visitare dal padre Leonetto Clivone nel 1567 e che poi ha visitato personalmente nel 1571 e nel 1583, non era l'attuale Santuario, ma una chiesa precedente. Questa chiesa precedente non era consacrata, aveva l'altare maggiore dedicato a S. Giovanni Battista e dietro l'altare c'era il battistero. Non si capisce bene se la facciata corrispondeva a quella attuale o forse dal lato della Valfredda. Questa chiesa fu rovinata da un incendio, verso l'anno 1554, che distrusse anche alcuni paramenti, dovuto all'incuria del parroco o di altre persone. In questo incendio fu parecchio danneggiata anche la pala di Bernardino Campi. Infatti nei documenti della Visita Pastorale di padre Leonetto Clivone del 1567 si dice che sull'unico altare della chiesa parrocchiale non si trovava più la bella pala ("icona meravigliosa") che già da circa 14 anni gli abitanti veneravano. Anche nella seconda Visita di S. Carlo, del 1583, si parla di "una icona con l'immagine di S. Giovanni Decollato". Altre notizie interessanti che risultano dalle suddette tre Visite Pastorali sono: "il cimitero attorno alla base", cioè attorno alla chiesa; e poi la casa parrocchiale, "collocata sulla discesa del monte... a circa 200 passi dalla chiesa", cioè presso il vecchio Montanè . 4) Visita del cardinal Federico Borromeo: 1611 Nella relazione minuziosa della sua Visita troviamo scritto: "Questa chiesa parrocchiale non è stata consacrata; è orientata verso est, con un'unica porta di facciata (facciata verso il Passone?) e due porte laterali. Le pareti sono decorate da affreschi ed è coperta da un soffitto a cassettoni. Sopra la porta maggiore è visibile l'immagine di s. Giovanni Battista, al cui nome la chiesa è dedicata. Davanti alla chiesa non c'è atrio, né portico, né vestibolo, che possa essere utile ad amministrare il Battesimo. Oltre queste porte suddette, ce n'è un'altra che permette l'ingresso nella torre del campanile, a sud (?)". La cappella maggiore (il presbiterio) è di forma quadrata, pavimento in laterizio con due gradini di pietra. E' chiusa da un cancello in ferro battuto ornato da copertura in ottone. Presenta una icona fornita di cornice dorata in cui è rappresentata la Decollazione di S. Giovanni con grande abilità artistica. Sull'abside della cappella (presbiterio) sono raffigurati i quattro dottori. Sul lato del vangelo la vita di S. Giovanni Battista; sul lato dell'epistola è dipinta la Cena del Signore... L'arco della stessa cappella è collegato in linea trasversale da una trave dorata e ornata di pitture. A metà di essa è collocata l'immagine di Gesù Cristo pendente dalla Croce. Nella stessa cappella vi è una porticina che dà nella sacrestia dalla parte del Vangelo...". Oltre alla cappella-presbiterio, il card. Federico Borromeo descrive anche una cappella dedicata alla B.V Maria, "che tiene nel suo grembo Cristo deposto dalla Croce"; e una terza cappella dedicata al SS. Corpo di Cristo, con una icona raffigurante i Santi Giovanni Battista, S. Sebastiano e S. Rocco (A.C.A.M., vol. 30). Della chiesa parrocchiale del 1611 ben poco è riscontrabile nell'attuale Santuario, salvo la "Cappella maggiore", cioè il presbiterio, nel quale si trovava "una icona in cui è rappresentata la Decollazione di S. Giovanni Battista, con grande abilità artistica": è certamente la paia del Campi, che era quindi collocata sul presbiterio.
LE CONFRATERNITE La Scuola del Corpus Domini e del Carmine. S. Carlo nella Visita Pastorale dei 18 agosto 1571 lasciò precise disposizioni per la Scuola del Corpus Domini: "Concediamo alli scolari del Corpus Domini possino far fabbricare nella loro Cappella un'area sotto teranea fatta a volta con la sua pietra decente e quale al solo per sepelire quelli scolari che verranno a mancare di detta scola... Li scolari del Corpus Domini siano più diligenti in osservar la regula alloro datta stampata masime intorno al confessarsi et comunicarsi ogni mese divotamente... Habino almeno otto o dieci cerei o candelotti per compagnare continuamente il SS. Sacramento... Il Curato esorti il populo ha venire in detta scola..." (A.P.M. Archivio Parrocchiale Montevecchia - visite Pastorali, S. Carlo). Sono evidenti le finalità per cui fu istituita la scuola del Corpus Domini: aiuto spirituale e materiale dei "fratelli" (... aiutar li loro fratti spiritualmente et temporalmente ... ), devozione al SS. Sacramento attraverso la preghiera, la Comunione e la Confessione mensile, assistenza agli infermi, istruzione del popolo nelle verità di Fede, ecc. Il parroco Massimiliano Villa nel 1859 scrive: "Ogni associazione religiosa ha per iscopo la maggior gloria di Dio e la maggior vantaggio delle anime, il fine poi speciale di questa confraternita è di onorare in singolar modo Gesù Sacramento e perciò porta il titolo di Confraternita del SS. Sacramento. Questa confraternita, di antichissima istituzione, fu rinnovata nell'anno 1640 e venne fusa con quella della B.V. Maria del Carmine. Da allora si chiamò "Del SS. Sacramento e del Carmine". Essa gode di molte speciali indulgenze, come rilevasi dalla parcella che sta esposta nell'Oratorio" (A.P.M. Confraternita del S. Sacramento). Gli "Statuti Normali" del 1859 stabilivano che il Capitolo della Confraternita si doveva riunire due volte l'anno: "nel principio dell'anno e in una domenica precedente la Pasqua". Il Capitolo eleggeva gli "ufficiali" che venivano rinnovati o confermati ogni anno, approvava il conto economico, stabiliva le tasse per poter far parte della Confraternita, discuteva l'accettazione o l'esclusione di un confratello. Le cariche ufficiali erano: il Priore, il Vicepriore e il Maestro dei Novizi. C'era inoltre un Tesoriere e un cancelliere: "l'ufficio del Cancelliere si è di tenere l'esatto registro dei confratelli e delle consorelle, d'iscrivere i novizi e depennare gli esclusi e morti, formare gli orari, ecc...". Il parroco era il "direttore perpetuo della Confraternita", convocava straordinariamente il Capitolo e solo lui poteva dare "la conferma assoluta e la benedizione de' nuovi adepti". Per poter essere ammessi nella confraternita era indispensabile avere "moralità provata cioè costumi esemplari" oltre che l'assenso del Parroco, del Priore, del Vicepriore e del Maestro dei Novizi. "E' stretto obbligo di ogni confratello d'intervenire, vestito del proprio abito colla massima decenza, a tutte le funzioni, solite praticarsi, ed anco straordinarie, come per occasione di pubbliche calamità, appena sarà chiamato col solito segno della campana e nominatamente. Alla funzione della seconda e terza domenica di ogni mese; a quella della seconda festa di Pasqua (il lunedì di Pasqua: giornata eucaristico-mariana, essendo state fuse le due Confraternite. Da qui l'origine della nostra Sagra Santuario il lunedì di Pasqua), a quella del Corpus Domini, e della Madonna del Carmine. Alle tre processioni penitenziali solite a farsi nelle tre domeniche dopo la Pasqua cioè alla seconda, terza, quarta; alla funzione funebre de Confratelli e Consorelle col accompagnamento del feretro al cimitero. Inoltre dovrà ogni confratello tutte le seconde e terze domeniche, nonché tutte le solennità del Signore e della Beata Vergine, intervenire nel proprio oratorio per la recita dell'Ufficio della Madonna, ovvero del Rosario chi non sa leggere. Come pure ogni prima domenica d'ogni mese, per la recita dell'ufficio dei morti, sotto pena d'ogni mancanza di un soldo. In occasione di solenne esposizione del SS. Sacramento, come altresì nel Giovedì, Venerdì e Sabato Santo dovranno i confratelli assiduamente, come loro sarà indicato coll'apposito orario, presentarsi all'adorazione dei SS. Sacramento in proprio abito. E' dovere degli ascritti a questa Santa Confraternita di amarsi scambievolmente con affetto di tenerissima carità, ricordandosi che un nuovo e stretto vincolo di fratellanza li unisce: quindi compatirsi, rispettarsi, soccorrersi a vicenda di consiglio e di opera, concorrere tutti al bene di tutti". Il 19 aprile 1786 la Confraternita veniva soppressa: "Dovendosi erigere nella Lombardia Austriaca la compagnia della Carità del Prossimo, ad imitazione di quella già stabilita in Germania; perciò l'Ordine di Sua Maestà, abbassato all'ufficio del Regio Economato, con Lettere di Sua Eccellenza il sig. Conte Ministro Plenipotenziario Wilzeck delli 8 e 12 del corrente mese, esistenti negli Atti, si dichiara disciolta la Confraternita eretta sotto il titolo del Carmine nella Chiesa Parrocchiale di Montevecchia Pieve di Missaglia Ducato di Milano. Cosicché, dall'intimazione del presente in avanti, sarà illegale qualsivoglia sua radunanza sotto le pene de' Bandi ... Signat. Daverio Vismara". La Confraternita sarà ricostituita solo a partire dal 1° gennaio 1792 con il parroco Giuseppe Antonio Villa: "Capitoli stabiliti per la Confraternita del SS. Sacramento, rinnovata sotto la protezione della B.V. Del Carmine, giusti li Ordini Imperial, nella Parrocchiale di Montevecchio. Primo: tutti li confratelli che già erano ascritti potranno rientrare senza alcuna formalità, però saranno muniti dell'insegna del SS. Sacramento a latto del loro abito...". Confraternita di Maria Vergine del Carmine Si è già ricordato che S. Carlo, nella sua seconda Visita Pastorale dei 1583 alla parrocchia di Montevecchia, lasciò scritto: "C'è un'altra cappella con altare regolare, sede della Schola Corporis Xsti...".Questa "Schola Corporis Xsti" era la confraternita del Santissimo Sacramento (o Corpus Domini), che esisteva già prima delle Visite 1571 e 1583 di S. Carlo (S. Carlo la incrementò e la arricchì di indulgenze e privilegi). "Questa Confraternita, di antichissima Istituzione, fu rinnovata nell'anno 1640 e prese il nome di Confraternita sotto l'invocazione di Maria Vergine del Carmine... Nel 1859 vennero compilati gli "Statuti Normali" di questa Confraternita. Questi statuti dicevano, tra l'altro: "E' stretto obbligo di ogni confratello di intervenire, vestito del proprio abito con la massima decenza, a tutte le funzioni solite praticarsi. Alla funzione della seconda e terza domenica di ogni mese. A quella della seconda festa di Pasqua... A tutte le solennità del Signore e della beata Vergine è stretto obbligo intervenire nel proprio Oratorio (vedi sopra: cappella, sede della Schola) per la recita dell'ufficio della Madonna, ovvero del Rosario chi non sa leggere..." (dalle note storiche del parroco Massimiliano Villa - 1859). Da altri documenti del nostro archivio parrocchiale risulta che la Confraternita della "Scuola del Carmine" acquistò sempre un'importanza maggiore rispetto a quella del Santissimo Sacramento. Il 1° volume del 1640 elenca gli "scolari vestiti con l'habito per le processioni della B.V.M. del Carmine di Monteveggia" e risulta aggiornato fino al 21 maggio 1910. Alla Confraternita non appartenevano soltanto i parrocchiani di Montevecchia ma anche alcuni fedeli delle parrocchie vicine. Risultano iscritti d. Andrea Spreafico curato di Rovagnate, d. Bernardino Perego curato di Perego, d. Francesco Santagostino curato di Calco... Il 2° volume riporta l'elenco delle entrate e delle spese sostenute dalla confraternita e dalla Parrocchia. Da questo libro si ricavano informazioni sulla festa liturgica-popolare che si teneva in onore della Madonna del Carmelo: "1683 - 27 aprile. Speso per far la festa della Madonna del Carmine per far il pasto a sacerdoti dato al sig. Curato lire trentasei, speso in polvere per fare la sparata (i botti) lire dodici, spese per pagare li tromberi (i trombettieri) lire tredici, spese per pagare l'organista con cantori lire otto". Anche il primo volume riporta un'annotazione sulla festa della Madonna del Carmelo che veniva celebrata il primo lunedì dopo Pasqua: " 1835 - 19 aprile. Festa di Pasqua e primi vesperi della Festa che si fa in onore della Beata Vergine del Carmine il giorno seguente...". La statua della Madonna era portata in processione avvolta in un manto, che la confraternita fece realizzare raccogliendo offerte tra i fedeli. "Spese per far il manto ala Madona braza quattordici di nespolino doro a lire quattordici di brazo, onze due dinari dieci- nove per pizzo doro a soldi dieci di brazo..." (19 marzo 1687). La "fusione" tra le due confraternite appare evidente quando vengono eletti gli "ufficiali": "1673 - 14 maggio. Si sono rinnovati il Priore e altri officiali della Schola del Santissimo Sacramento e della Confraternita del Carmine e cioè Priore Gerolamo Ravasio, Sottopriore Galdino Ravasio, Tesoriere Carlo Sala, Consigliere Carlo Brivio". La statua seicentesca della madonna era collocata nella cappella che attualmente è dedicata a S. Bernardo. Essa risulta essere la più bella per la sua struttura marmorea barocca. La sua originaria dedicazione appare anche dagli affreschi delle pareti, di chiara impronta carmelitana. Da tutte queste notizie appare logica la conclusione: La festa del lunedì di Pasqua, nella parrocchia di Montevecchia, dedicata alla Beata Vergine del Monte Carmelo, trae la sua origine dall'antichissima Confraternita del Santissimo Sacramento, anteriore a S. Carlo. Nel 1640 la Confraternita del Santissimo Sacramento fu rinnovata e prese il nome di "Confraternita sotto l'invocazione di Maria Vergine del Carmine". Quindi le due confraternita si fusero. Da allora, la devozione mariana prevalse su quella eucaristica. E il lunedì di Pasqua, che in origine era una delle tante giornate eucaristiche, divenne una giornata mariana in onore della Madonna del Carmine. La tradizione eucaristica comunque continuò ad essere valorizzata. Ne è conferma la realizzazione del baldacchino per le processioni del SS. Sacramento, come è indicato sempre nel secondo volume della Scuola del Carmine: " 1679 adi 16 agosto. Speso per franza onze ventisette e mezza d'oro per il baldacchino lire sette soldi doi denari sei per onza; ... speso per il damasco brazza N. venticinque e mezzo per far il baldacchino et palio a lire sei e soldi cinque il brazo, speso per bastoni n° sei, speso perla adoratura di bastoni, speso per i botoni...". Già nel 1683 (vedere sopra) la festa popolare pasquale del Carmelo veniva celebrata con tanto di fuochi artificiali (botti), pranzo per i sacerdoti, banda musicale (trombieri), cantori, organista (organo precedente all'attuale Biroldi). Anche la processione mariana era già in voga fin dal 1687, con la statua avvolta in un prezioso manto di ricami in nespolino e pizzo d'oro (vedere sopra). E, per concludere, è bene ricordare però che nei nostri anni correnti noi continuiamo a chiamare il giorno dopo Pasqua: Lunedì di Pasqua" (non lunedì dell'Angelo, o lunedì della B.V del M. Carmelo), perché, al primo posto deve stare sempre la Liturgia Pasquale. DLC
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I - MOSTRA IN CHIESA PARROCCHIALE A) Gli scopi della mostra Da venerdì 8 ottobre a domenica sera 10 ottobre, nella chiesa parrocchiale è stata allestita una mostra di oggetti preziosi e documenti storici, a partire dal sec. XIII fino al sec. XX. * Scopo principale della mostra fu quello di esprimere una grande riconoscenza per gli antenati parrocchiani. Il Vangelo dice: "Non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio" (Mt. 5,15). Ed i nostri antenati ci hanno trasmesso la Fede anche con le strutture parrocchiali. Con la chiesetta dedicata a "S. Giovanni Battista in Montaegia" del sec. XIII (Goffredo da Bussero: "Liber Sanctorum"), che il 15 ottobre 1564 fu riconosciuta Parrocchia. Patrimonio inestimabile presente in quella prima chiesa parrocchiale era la pala "Decapitazione del Battista" di Bernardino Campi dei 1554. Crollata per incendio, quella prima chiesa parrocchiale fu ricostruita in tempi diversi. E' l'attuale Santuario, che rimase chiesa parrocchiale "S. Giovanni Battista Decollato" fino al 18 aprile 1933, quando il beato card. Schuster consacrò la "nuova" chiesa parrocchiale in via Belvedere. * Un secondo scopo della mostra fu quello di far conoscere agli attuali parrocchiani il radicale cambiamento liturgico avvenuto con il Concilio Vaticano Il (1962-1965). Fino agli anni 1950-60, dire "Liturgia" voleva dire un'attività religiosa-rituale che riguardava solo il clero (celebrante-ministri-chierici-coro ... ), mai però i fedeli. Con la riforma liturgica voluta dal Vaticano II, dire "Liturgia" è dire "azione di Cristo e del Popolo di Dio, gerarchicamente ordinato"... Quindi è dire assemblea, presieduta dal sacerdote, con la partecipazione attiva di tutti i fedeli, ciascuno a suo modo. Pensiamo alla Messa prima del Concilio Vaticano II: - in lingua latina - con due letture (epistola e Vangelo) - altare con le spalle al popolo - recita del S. rosario dall'inizio fino al Sanctus - canto delle litanie dopo la consacrazione - S. Comunione prima o dopo la Messa. - nelle solennità la Messa era celebrata "in terza" (presidente, diacono, suddiacono - che erano tutti preti). Chi non sa com'era la liturgia preconciliare, non può capire il settore dei paramenti liturgici della mostra... Con la riforma voluta dal Concilio Vaticano Il (costituzione "Sacrosantum Concilium" del dicembre 1963) è stata chiusa l'epoca tridentina, durata quattro secoli, e fu aperta l'epoca del Vaticano II, che ha cominciato finalmente a coinvolgere il popolo nella liturgia, in modo attivo e consapevole. Conseguenza della riforma, tre tendenze: - quella conservatrice che vuole la Messa di S. Pio V in latino (card. Lefébre); - quella dissacrante che gestisce la liturgia come una divertente farsa teatrale; - quella corretta, che segue le norme liturgiche, come vogliono i documenti (c- fr. "Percorso pastorale" del card. Tettamanzi). B) L'allestimento della mostra, nelle sei cappelle: 1. Cappella S. GiuseppeQuadro dell'abside: S. Giuseppe con Gesù Bambino - Olio su tela - sec. XX. Triangolo eucaristico di tessuto rosso, sec. XX. Sulla parete sinistra: S. Antonio da Padova con Gesù Bambino - olio su tela, sec. XVIII. Mostra di "apparato in terza" rosso - piviale in seta e oro, del sec. XVIII. Rocchetto in tela con ampio pizzo di filet dei sec. XIX-XX. Stola bianca con ricami policromi, sec. XVIII. 2. Cappella del Crocifisso Quadro dell'abside: Crocifissione con S. Carlo - olio su tela, sec. XVII. Sulla parete destra: Apostoli inginocchiati - olio su tela, sec. XVII. Sulla parete sinistra: Cristo in pietà tra la vergine Maria e S. Giovanni - olio su tavola Pala d'altare, sec. XVI. Mostra di apparato in terza, rosso (di spalla, frontale, frontale) - seta e oro, sec. XVIII. Pianeta azzurra - broc- cato, sec. XVIII. Pianeta morello - broccato, sec. XVIII. 3. cappella S. Cuore Quadro dell'abside. La figura di Gesù, S. Cuore - affresco di Pietro Cortellezzi (Scuola "Beato Angelico" di Milano, 1940). Sulla parete sinistra: Cristo in pietà (Deposizione) - olio su tela, sec. XVI. In centro cappella: Testa di S. Giovanni Battista Decapitato - olio su tela, sec. XVIII. Sulla parete sopra il fonte: foto color seppia della pala di Bernardino Campi - 1554 - il cui originale è custodito nel Museo Diocesano. Sul davanzale dell'abside: statuetta di Gesù adolescente - legno dipinto - sec. XIX; statuetta di S. Giovanni Battista - legno dipinto - sec. XVIII + due tavole a olio, stile gotico, con angeli. Sul tavolo in centro, a destra guardando: ostensorio ambrosiano di metallo argentato e dorato, sec. XIX. A sinistra: Ostensorio ambrosiano di metallo argentato e dorato, sec. XX. * Vetrina a destra: turibolo in metallo argentato, sec. XVII-XVIII + Navicella in argento sbalzato, sec. XVI + Navicella in metallo argentato, sec. XIX + Calice in metallo argentato e dorato - 1910 + Calice in metallo argentato e dorato, sec. XVIII + Calice in metallo argentato e dorato, sec. XX + Calice e pisside in metallo argentato e dorato, sec. XX. * Vetrina sinistra: Calice in metallo, sec. XVI-XVII; due calici in metallo argentato e dorato, sec. XVII; Ostensorio in metallo argentato, sec. XVII; Pisside in metallo argentato e dorato, sec. XX; Calice in metallo argentato e dorato, sec. XIX; Pisside in metallo argentato e dorato, 1918. 4. Cappella dell'organo Sulla parete destra: S. Teresa di Gesù Bambino - olio su tela, sec. XX. Mostra tronetti eucaristici: Tronetto non scomponibile, con cupola, in legno dipinto e dorato, sec. XVIII; Espositorio scomponibile, con raggera e cupola in legno dorato, sec. XVIII; Altarolo portatile, in legno dipinto, sec. XIX. 5. Cappella della Madonna Quadro dell'abside (sotto vetro): ß.V del Monte Carmelo - Compatrona della parrocchia - olio su tela, sec. XVII. Sulla parte destra: Gesù che appare a S. Teresa d'Avila - olio su tela, sec. XVII. Sulla parete sinistra: S. Anna con la ß.V Maria adolescente - olio su tela, sec. XX. Sul davanzale dell'abside - gradino superiore, ai lati del tabernacolo, destra e sinistra: due reliquiari a ostensorio, in legno dipinto e laminato oro, stile barocco, sec. XVII. Ai lati destra e sinistra dei suddetti: due reliquiari a ostensorio, in metallo argentato e dorato, stile barocco, sec. XIX. Agli esterni destra e sinistra dei suddetti: due reliquiari a ostensorio, in legno laminato oro, sec. XVIII. Sul davanzale-gradino inferiore: reliquiario piccole dimensioni, in legno e metallo argentato, di Santi vari, sec. XVII-XIX. Due reliquiari a urna in legno, laminati, sec. XIX. Reliquiario e relativa custodia in pelle, sec. XIX. 6. Cappella ex fonte Abside: affresco "il Battesimo di Gesù" di Pietro Cortellezzi, sec. XX (1940) - Esposti: libri-messali- rituali di archivio, sec. XVI-XX. 7. Davanzale destra e sinistra della porta di entrata Pergamene di pelle di montone e documenti storici dei sec. XIII-XVI. C) Inaugurazione e visita della mostra * La mostra fu inaugurata venerdì 8 ottobre, ore 21, "in una chiesa semivuota" (cronaca online Merate 9/10/2004). Il M° Mattavelli ha suonato all'organo una marcia di Sir Elgar (compositore inglese: 1857- 1934). Fu poi eseguito il "Panis Angelicus" di César Franck (1822-1890), in duetto, dai coniugi Henning Gerda e Riccardo Carrisi. Seguirono poi alcuni canti gregoriani, brevemente introdotti da Don Luigi ed eseguiti in terzetto maschile (senza accompagnamento): Magnificamus te, Dei Genitrix; Maria Virgo, semper laetare; Sub tuam misericordiam confugimus te, Dei Genitrix; Santus festivus; Veni, Creator Spiritus (tutti risalenti tra i sec. VI e VII). Poi la breve "Inaugurazione musicale" fu conclusa dal coro parrocchiale con l'Ave, Maria" a 4 voci disparati di Jacob Arcadelt (1514-1557). * L'inaugurazione è quindi proseguita con la visita degli oggetti esposti: il sottoscritto ed alcuni incaricati, appositamente preparati, hanno accompagnato a gruppetti i presenti, spiegando quanto era possibile. Domenica 10 ottobre, ore 22, la mostra fu chiusa e smontata.
II - CONCERTO IN CHIESA PARROCCHIALE Domenica 10 ottobre 2004 - ore 20.30 precise - gli oltre ottanta cantori del Coro maschile Deutz di Colonia facevano il loro ingresso nella chiesa parrocchiale, quasi a passo cadenzato, e, in pochi minuti si schieravano in semicerchio sui gradini dei presbiterio, tra la mensa e la navata, rivolti verso l'assemblea. Organista: Stefan Palm. Solista: Helmut Wuth. Direttore del Coro: Heinz Walter Florin. Una breve intesa, più con gli sguardi che con la voce, tra direttore-organista-coristi, e poi l'attacco del programma: Dieci brani polifonici, quasi tutti a cappella; due intermezzi per organo; intermezzo del solista con il "Panis Angelicus" di C. Franck. Molti partecipanti, anche forestieri, e tutti affascinati da una sonorità, che passava dal pianissimo quasi impercettibile al fortissimo che faceva vibrare le pareti della chiesa. Il bis finale per coro e organo ha provocato un battimano interminabile. Veramente bravi questi pensionati della ditta Iml di Colonia. III - VISITA DELLA VIA CRUCIS Delle visite programmate, solo la prima è stata realizzata (le altre sono state sospese, causa intemperie). Domenica 10 ottobre, ore 16, una quarantina di persone, tra cui il sindaco sig. Carla Brivio, il sottoscritto, imprenditori locali, fotografi, appassionati vari, erano radunati sulla gradinata del Santuario, tra i due cancelli della Via Crucis, in attesa dei restauratori: il prof. Massimo Maria Peron e la sig. Anna Bigoni della Scuola d'arte "Beato Angelico" di Milano. Ambedue, purtroppo, non poterono essere presenti, causa indisposizione. Loro sostituto fu il giovane Francesco Peron, figlio di Massimo. A lui il padre ha affidato il non facile compito di spiegare il sofisticato lavoro di restauro, iniziato nell'anno 2000, secondo le autorizzazioni della Soprintendenza regionale e della Curia. Il pregevole impianto scultoreo in pietra arenaria - unico nel suo genere - risale al 1650 e si prolungò per vari decenni. La corrosione atmosferica dei nostri tempi ha sollecitato la parrocchia ad intervenire, per salvare il salvabile (un primo intervento praticato 28 anni fa non è stato sufficiente a fermare il degrado). Lascio la parola alla sig. Noemi D'Angelo, della Merate Online "Ad intrattenere e a spiegare le caratteristiche del restauro, ancora in corso, delle edicole scultoree raffiguranti la Via Crucis e poste a ferro di cavallo intorno al santuario della Beata Vergine del monte Carmelo, è intervenuto ieri pomeriggio Francesco Peron, in sostituzione di padre Massimo, al quale quasi quattro anni fa la parrocchia di Montevecchia, grazie anche al patrocinio della fondazione Cariplo e della Fondazione della provincia di Lecco, ha commissionato il lavoro. Forte della passione eredita dal padre, il giovane restauratore, fresco degli studi compiuti presso la scuola di restauro di Ravenna, ha evidenziato pregi, difficoltà e gli stati di avanzamento dell'opera di recupero architettonico, compiuto fin dall'inizio, nella consapevolezza di operare per un'efficace conservazione e valorizzazione non solo delle sculture, bensì anche del paesaggio circostante, croce e delizia nel corso dei secoli di questo gioiello monumentale. La conservazione delle quattordici edicole contenenti le scene della passione di Cristo o delle due elemosiniere poste all'inizio e alla fine del percorso, risalenti come si legge sulla prima di esse al 1650, è un fatto molto particolare ed insolito, essendo questi monumenti costruiti in pietra arenaria, proveniente con tutta probabilità dalle cave di Missaglia, ed esposti da più di tre secoli agli agenti atmosferici. La particolare locazione del complesso spiega lo stato attuale della Via Crucis: situata a oltre 400 metri di altitudine, risulta ben protetta e riparata dallo smog, fattore non indifferente di inquinamento dei monumenti, e al contempo rimane una zona afflitta e interessata da notevoli cambiamenti climatici dovuti in massima parte al forte vento. Fattori decisivi e complessi da tener bene presenti nelle predisposizioni dei criteri e delle metodologie con cui condurre il restauro. Francesco Peron tiene subito a precisare che il lavoro è stato svolto fin dall'inizio con molta puntualità e rigorosità scientifica. Per questo ha richiesto un lungo periodo. Oggi siamo abituati ad avere tutto subito. Quando invece si deve lavorare su un certo tipo di opera, bisogna sapere aspettare. E pazientare; come ha fatto Don Luigi Casiraghi, parroco di Montevecchia il quale ha atteso che, il progetto di restauro delle edicole della Via Crucis, inserito nella prospettiva generale della sistemazione interna ed esterna del Santuario, superasse tutte le varie fasi burocratiche e fosse condotto a regola d'arte. Le prime analisi e i primi contatti con il laboratorio restauri Peron risalgono al 2000, quando il titolare Massimo e la sua collaboratrice Anna Bigoni cominciarono a mobilitare una qualificata equipe di esperti, tra i quali Mauro Matteini di Firenze, Umberto Casellato di Pavia e il prof. Luigi Soroldoni, al fine di studiare il microclima del santuario della Beata Vergine e di tracciare un profilo attento e scrupoloso della situazione, delle "malattie" ravvisabili nei monumenti, così da poter individuare, attraverso test e campioni, la ricetta più adatta a garantire un risultato tale da assicurare una sicura conservazione e una valorizzazione ancor più profonda del bene architettonico. A nessuno dei partecipanti alla visita di ieri può essere sfuggito tanto l'affascinante contesto della Via Crucis, quanto il pregevolissimo livello artistico: la struttura in cui essa si snoda lascia intuire un preciso disegno architettonico, e gli stessi altorilievi presenti al centro delle edicole sottolineano una buona capacità scultorea, nonché una certa sofisticatezza nel saper modulare ed armonizzare il quadro pittorico raffigurante le quattordici scene della Passione: che furono scolpite su arenaria gialla, forse per dare più incisività e visibilità alle figure, con la parte portante dell'edicola, realizzata in semplice pietra grigia. Le analisi di laboratorio, sulle reazioni dei diversi prodotti da utilizzare, sono risultate decisive anche per affrontare le diversità di conservazione ravvisabile tra le edicole poste a nord, più ombrose, più protette, ma anche più sensibile all'umidità, e quelle poste a sud, più colpite dal vento e meno protette. Questa ulteriore sfumatura spiega perché ogni edicola necessita di uno studio approfondito ed individuale e spiega inoltre la scelta di affrontare in periodi differenti il restauro. Nella Via Crucis ci si imbatte in tre tipologie di edicole: le restaurate, (e sono praticamente le prime iniziando in senso cronologico il giro), le non restaurate (le edicole centrali), infine le incelofanate, ovvero quelle nelle quali è in corso il cosiddetto processo di stagionatura, ovvero il tempo necessario per far sì che i prodotti agiscano tra di loro. Bisogna precisare che tutto il complesso aveva subito un restauro molto sommario negli anni Settanta, nel corso del quale si era cercato di arrestare il procedere della sfaldatura della pietra con alcuni prodotti chimici. L'opera però è risultata più un intervento tampone che risolutivo. Come ricorda infatti Francesco, serve innanzitutto un occhio attento e sensibile al bene artistico; dopodiché sono necessari periodici controlli all'efficacia del prodotto applicato (alla speciale pellicola capace di far traspirare la pietra). Infine, in un restauro che si rispetti, non può mancare un'adeguata documentazione del lavoro svolto, al fine di agevolare futuri ulteriori lavori di conservazione. Noemi d'Angelo - 11/10/2004". IV - LA CONCELEBRAZIONE AL SANTUARIO Venerdì 15 ottobre - ore 20.30 - Santuario Dopo il benvenuto del Sindaco Sig.a Carla Brivio (sotto il pronao, con un bruttissimo tempo), Don Luigi ha salutato, dal presbiterio, Sua Eccellenza Carlo Roberto Maria Redaelli, con le seguenti parole: Questa sera, a 440 anni dalla sua fondazione, la Parrocchia di Montevecchia si onora di dare il benvenuto al Rev.mo e carissimo Mons. Carlo Roberto Maria Redaelli, Vicario Generale e vescovo Ausiliare della diocesi di Milano. Particolannente onorati si sentono: sua zia (Maria della pesca), sorella del papà di Mons. Carlo; come pure tutti i Redaelli, suoi parenti, orgogliosi di ricollegarsi a "Giacomino de Regibus de Elio", rettore della Chiesa di Montevecchia nel 1490 (quindi probabile antenato dei "Regibus da Elio", diventati poi i Redaelli). In parole povere: Sua Ecc. Mons. Redaelli, che presiede l'Eucaristia stasera, è nato 48 anni fa a Milano, ma i montevecchini lo considerano quasi compaesano, perché il suo papà (in paradiso da 10 anni) era di Montevecchia. E gli attuali collaboratori del nostro Santuario (tra cui Carlino Redaelli) ricordano quando Sua Eccellenza, da ragazzo, veniva con i coetanei del suo Oratorio di Milano (anni 1968-72) a trascorrere alcuni giorni di vacanza qui al nostro Santuario, alloggiando nell'attigua Casa Incontri, non ancora restaurata; con il pavimento del piano superiore che si sprofondava... Fu in quegli anni che il Signore lo chiamò per la vocazione al sacerdozio. Entrò in Seminario. Nel 1980 fu ordinato prete dal Card. Martini. Studiò nel Seminario Lombardo di Roma. Si laureò in diritto canonico. Fu Promotore di Giustizia del tribunale ecclesiastico regionale... Avvocato generale della Curia.... E - il 5 giugno scorso - ordinato Vescovo dal card. Dionigi Tettamanzi. Stasera Sua Ecc. è qui nella chiesa (questa o la precedente) dove - il 15 ottobre 1564 - il primo parroco Don Antonio Ponzone celebrò il primo Matrimonio. Noi ringraziamo vivamente Sua Eccellenza, perché è proprio con il suo carisma episcopale che egli ci aiuta a dare significato alla nostra ricorrenza. Dire 440 di parrocchia è far memoria dei nostri antenati, che, anche attraverso le strutture parrocchiali e relativo patrimonio storico-artistico, ci hanno trasmesso il dono della Fede. E, dire "trasmissione della Fede" è dire carisma episcopale: perché sono i Vescovi, successori degli Apostoli, che garantiscono la trasmissione genuina della Fede. Benvenuti, da parte della parrocchia, anche alla sorella di Sua Eccellenza, ai concelebranti, Don Felice Viasco decano, Don Domenico, il Diacono permanente sig. Giuseppe. Al Sindaco sig.ra Carla Brivio e componenti dell'Amministrazione Comunale; al vigile comunale; ai cantori, ministranti, e tutti. V - OMELIA DI SUA ECC. CARLO ROBERTO MARIA REDAELLI Venerdì 15 ottobre 2004 scorso - ore 20.30 - nel Santuario fu ricordato il 440° di fondazione della parrocchia (15 ottobre 1564 - 15 ottobre 2004) con la Concelebrazione presieduta da Sua Eccellenza. Il quale commentò la circostanza con la seguente omelia: Celebrare 440 anni di una parrocchia significa celebrare 440 anni di fedeltà del Signore e 440 anni di perseveranza, per grazia di Dio, di una comunità, di una porzione di popolo di Dio. Una comunità che si riconosce in una chiesa fatta di pietre, come questo santuario; chiesa che è un segno, un segno non esteriore, ma che ha in sé la presenza di ciò che significa. Anzitutto il Signore presente qui e nelle vostre chiese, nella Parola, nell'Eucaristia, nei sacramenti, nel popolo di Dio e in chi lo presiede... E poi appunto, il popolo di Dio, che nell'edificio sacro trova la sua casa... Ed è commovente pensare a chi ci ha preceduto e in anni, anzi secoli, contrassegnati, quasi tutti, da povertà e ristrettezze, che rinunciava persino al necessario affinché la casa di Dio - che sentivano come la loro casa - fosse bella e splendente. Questo santuario e le altre chiese, cappelle, edicole che sparse su questi colli sono segno della presenza del Signore e della fede di questo popolo. C'è quindi una fedeltà di Dio che si rinnova da una generazione all'altra, perché ogni generazione è resa figlia di Dio nel Battesimo, viene nutrita dalla Parola e dal Corpo di Cristo, viene sostenuta dai sacramenti che scandiscono e contrassegnano la vita nella sua ordinarietà e nei momenti forti di passaggio, come la nascita di una nuova famiglia o il passaggio della malattia e della morte. C'è una perseveranza, per grazia di Dio, di un popolo, di una comunità. Tra vicende piccole e quotidiane, persino banali, e vicende grandi e decisive di ogni epoca storica, questa gente di Montevecchia, con le sue qualità, i suoi ideali, i suoi sogni, ... e anche i suoi difetti, le sue miserie, i suoi egoismi, i suoi peccati... ha mantenuto nei secoli una perseveranza nella fedeltà al Vangelo. Una perseveranza fatta di un Vangelo non ideale astratto, ma Parola di Dio intrecciata con le nostre parole umane, con le nostre azioni, emozioni, sogni, miserie, fatiche, dolori, gioie... E' una caratteristica, questa fede di popolo incarnata nelle nostre case, di cui dobbiamo andare orgogliosi, qui a Montevecchia, in Brianza, nella nostra diocesi di Milano. Non per rivendicare meriti o primogeniture, ma per ringraziare il Signore e sentirci ancora più responsabili anche di fronte alla scelta dei Vescovi italiani - ribadita anche di recente - di privilegiare la parrocchia come luogo di comunione e di missione. E' giusto ringraziare per questi 440 anni e più di Vangelo vissuto nel quotidiano, qui tra queste case, questi campi, queste cascine. Ma è giusto sentire tutta la responsabilità che ci viene affidata perché il Vangelo sia vissuto anche oggi in questa società sempre più complessa, tecnologica, globale... e sia trasmesso con la stessa perseveranza alle generazioni che verranno e anche a chi non è nato qui, ma in questa comunità trova e deve trovare una casa accogliente e fraterna. Che Maria, la nostra Madonna del Carmelo, che tante preghiere, lacrime e sorrisi ha accolto in questi secoli, ci aiuti - Lei che tutte le generazioni chiamano beata - a vivere questa perseveranza. Con Lei allora oggi, e un domani nel Regno di Dio, con chi ci ha preceduto e che già adesso sentiamo vicino nella comunione dei santi, davvero magnifichiamo tutti il Signore perché grandi cose ha fatto in questa comunità di Montevecchia. Auguri! Nonostante il brutto tempo, la partecipazione fu numerosa e attivamente partecipe. Al termine della celebrazione, la parrocchia ha omaggiato a Sua Eccellenza un ricco album di foto a colori e in bianco - nero, evocanti lontani ricordi della famiglia Redaelli, di Carlo fanciullo e adolescente, di parenti e amici - oltre alle immancabili panoramiche caratteristiche del colle montevecchino e Brianza - Tutto a cura del fo- tografo "parrocchiale" . Nel rinfresco, seguito in Casa Incontri, i festeggianti hanno sfogliato con interesse, assieme a Sua Eccellenza, l'omaggiato albo, con molti spassosi commenti. VI - INCONTRO TEOLOGICO-PASTORALE SU "LA FESTA" Sabato 16 ottobre, ore 21, nel salone dell'Oratorio ci fu l'incontro con il dott. Don Franco Giulio Brambilla, nativo di Missaglia e docente nel Seminano teologico di Venegono. Il tema programmato era: "L'Eucaristia domenicale nella parrocchia di ieri e di oggi". Si era pensato ad una carrellata storica sull'evoluzione liturgico-pastorale della Messa festiva e della domenica, in Brianza, in riferimento al Percorso pastorale diocesano 2003-2006 dei card. Dionigi Tettamanzi. Il relatore ha preferito dilungarsi sul tema della "festa" 'come contesto culturale in cui si colloca la Domenica e l'Eucaristia domenicale. 1) La domenica come riposo dal lavoro Nella nostra cultura secolarizzata la domenica è intesa soprattutto come riposo dal lavoro. Come intervallo tra i giorni di lavoro precedenti e i giorni di lavoro seguenti. In una società fondata sul lavoro e sulla produzione, la domenica è vissuta come sospensione dell'attività lavorativa. Non interessa come viene passata la domenica. Interessa che il lavoratore interrompa il lavoro e la produzione e che si rifaccia le forze, per poter riprendere a lavorare e produrre la settimana dopo. Per questo non è necessario che il giorno di riposo sia un giorno fisso della settimana. Può essere il giorno della domenica, come anche un altro giorno. E questo tempo di riposo può essere anche un solo giorno di riposo, o anche più giorni. E' il "tempo libero", che può essere collocato lungo la settimana, o alla fine della settimana: è il week-end. La domenica è svuotata dal suo significato religioso originario e viene in- tesa come un giorno di evasione, magari con nuovi riti di massa: lo sport, la sagra, la discoteca, la fuga dalla città, il turismo. La domenica è vissuta come tempo "individuale", come tempo di evasione. Occorre invece dire che la domenica è giorno di riposo, non per tornare al lavoro, ma per fare festa. 2) La domenica come crisi della festa Gli antichi distinguevano le arti liberali, dalle opere servili. Le arti liberali erano le attività intellettuali, filosofiche, artistiche, politiche. Le attività servili erano quelle dei servi, degli schiavi, le opere manuali. Quelle liberali erano dette "otium", quelle servili erano dette "negotium", cioè il contrario di otium. Le attività dell' "otium" erano attività di festa. Fare festa era dedicarsi ad attività liberali, alla vita contemplativa, alle relazioni sociali. Anche nella civiltà cristiana la festa era vissuta come alternativa al "negotium". Questo fino alla rivoluzione industriale del sec. XVIII, in cui la civiltà fu concepita come civiltà del lavoro, e la domenica come sospensione del lavoro e della produzione, per poi ritornare a lavorare e produrre. La civiltà del lavoro ha causato la crisi della festa. L'aumento del tempo libero non ha ricuperato il significato della festa, ma ha solo esasperato il concetto di libertà e di evasione. Se un giovane riempie la domenica in modo ossessivo di divertimenti, più o meno leciti, può succedere paradossalmente che egli aspetti il lunedì come giorno distensivo. 3) La domenica come ricupero della festa Ricuperare la domenica come festa vuoi dire intendere la vita come dono e fare festa a questo dono. Anche i giorni feriali ricevono il loro significato dalla domenica. Il senso della festa appare bene se essa viene considerata sotto l'aspetto del gioco, della socialità, della gratuità. La festa come gioco vuoi dire: che evidenzia ciò che è bello, al di là degli aspetti utilitari. La festa come socialità vuoi dire: che serve all'uomo per ritrovarsi come famiglia; come gruppo, come comunità. La festa come gratuità vuoi dire: che accoglie la vita da Dio e la dona al prossimo, senza nulla pretendere. 4) La domenica come "giorno dell'uomo " Da "Il giorno del Signore" - Cei, Nota pastorale, 1984: "ogni festa nasce dalla concorrenza di due fattori: un evento importante da vivere e il bisogno di ritrovarsi per celebrarlo gioiosamente insieme. Tale è anche la domenica del cristiano. Essa trae origine dalla Risurrezione... Tale evento, per espressa volontà di Cristo, deve essere vissuto comunitariamente... il riposo deve significare il trionfo della vita, il primato della gioia e la dimensione profetica, come progetto del mondo nuovo... Questo giorno illumina anche gli altri giorni... Le persone che ci vivono accanto avranno il loro vero volto di "compagni" (con panis), perché l'Eucaristia è precisamente condivisione dello stesso pane". Riscoprire la domenica come "dies hominis" comporta dunque la chiarificazione del suo valore antropologico, personale e sociale. Compito della comunità cristiana è di operare perché la domenica sia vissuta come giorno della festa, giorno dell'uomo, giorno del Signore, anzi come "il signore dei giorni".
VII - IL 440° SU "FAMIGLIA CRISTIANA Il numero 42/2004 di Famiglia Cristiana, uscito giovedì 14 ottobre, riportava una pagina intera dedicata alla parrocchia di Montevecchia. L'iniziativa venne dalla stessa Direzione della rivista. Ci fu chiesto di aderire alla rubrica "Parrocchie in primo piano". Ci hanno chiesto il materiale. Noi abbiamo consegnato fotocopie di varie pagine pubblicate sui nostri bollettini e i responsabili della rivista hanno compilato l'articolo, citando anzitutto l'esclamazione del card. Martini sul paesaggio di Montevecchia, quando è venuto per la Visita Pastorale nel 1988. Hanno poi citato una frase di Cesare Cantù, dal volume "Carlambrogio di Montevecchia" (1836). Quindi hanno trascritto alcune righe di Mons. G. Franco Ravasi, dall'introduzione al volume "Il Santuario di Montevecchia". Hanno poi descritto brevemente le cinque chiese tuttora funzionanti in parrocchia (delle tredici documentate in archivio): il Santuario, la chiesa parrocchiale, la chiesetta di S. Bernardo, quella del Passone e quella di Ostizza, corredandole delle relative foto, ben collocate. Hanno quindi concluso l'articolo con un cenno alle principali attività pastorali in atto. La suddetta pubblicazione sulla "Famiglia Cristiana" è costata alla parrocchia Euro 2.000. Dalle buste "pro 440" furono raccolti euro 1.300 circa. VIII - IL 440° SUI GIORNALI Vari giornali locali si sono interessati del nostro 440°: il giornale di Merate, il Merateonline, il Resegone. Quest'ultimo, sul numero del 1° ottobre scorso, pubblicava a firma di Sara Viscardi, un paginone con grande foto della facciata Santuario, pieno titolo "Un faro della Fede in Brianza " e sottotitolo: il Santuario della Beata Vergine del Monte Carmelo di Montevecchia celebra i 440 anni di fondazione. Una meta visitata da uomini illustri e da migliaia di fedeli. Per celebrare l'importante ricorrenza, la parrocchia ha organizzato un calendario ricco di iniziative. Allestita una mostra che ricostruisce la storia del luogo sacro. "Quattrocentoquaranta anni di storia, migliaia di pellegrini, visite di personaggi illustri e l'etichetta di "faro" della Brianza. Con queste credenziali il Santuario della Beata Vergine del Monte Carmelo di Montevecchia si appresta a festeggiare oltre quattro secoli dalla nascita della parrocchia, guidata oggi dal suo diciottesimo parroco don Luigi Casiraghi. Un traguardo che sarà festeggiato con iniziative a carattere religioso e culturale e che, come da tradizione, riuniranno attorno al colle non solo i residenti del comune ma anche fedeli e devoti da tutta la Brianza e sicuramente anche dalla Lombardia. Tra il secolo XI e XVII, sulle rovine di una chiesetta precedente, citata nel "Liber Sanctorum" di Goffredo da Bussero, fu costruito l'attuale tempio, intitolato a San Giovanni Battista Decollato. Il passaggio e la successiva dedicazione alla Beata Vergine del Monte Carmelo avvenne solamente nel secolo scorso quando, il 7 novembre 1945, il Cardinal Schuster consacrò l'edificio con la dedica "Templum et altare princeps Deo et in honorem B.V Carmeli". La prima registrazione come "parrocchia" risale appunto al 15 ottobre 1564 in concomitanza con un matrimonio. In quella data, nella chiesa di Montevecchia, due fidanzati Angiola Casiraghi e Pietro Scaccabarozzi divennero marito e moglie, con Don Giovanni Antonio Ponzone come celebrante. Dal 1564 ad oggi si sono succeduti 18 parroci: il primo fu, appunto, Don Ponzone, l'ultimo Don Luigi Casiraghi. Da notare la durata del ministero pastorale dei religiosi: si passa da un minimo di 5 anni, nel caso di Don Francesco Porta (1670-1675) e di Don Giovanni Galeazzo Visconti (1809-1814), ad un massimo di 52 con Don Giovanni Domenico Biffi (1676-1728). Il tempio, che svetta sulla collina e permette una panoramica a 360° sulla pianura e le colline circostanti è stato oggetto di diversi lavori di restauro. La statua della Vergine, patrona del tempio, che un tempo si trovava in una cappella laterale, ora troneggia sull'altare maggiore a protezione e modello dei fedeli che, appena varcata la soglia d'ingresso, non possono non rimanere colpiti dalla bellezza semplice e al tempo stesso suggestiva del simulacro.
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